Lezione 2, Argomento 1
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Come far sentire ai tuoi interlocutori che li stai veramente ascoltando

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Per quale motivo la comunicazione, sovente, non è efficace? Molto dipende dalla mancanza di ascolto.

L’ascolto è la caratteristica fondamentale per la vita di relazione, che si tratti di vita familiare o di situazioni professionali. Ma cosa bisogna fare per poter ascoltare? La capacità di ascolto presuppone il silenzio.

Ma cosa bisogna fare per poter ascoltare? La capacità di ascolto presuppone…

Esistono due forme di silenzio: il silenzio esterno (assenza di parola) e il silenzio interno (assenza di altri pensieri).

Il silenzio esterno richiede un esercizio pratico ed è legato alle abitudini, al carattere delle persone, al contesto nel quale sono inserite, al sistema di valori.

Il silenzio interno è una condizione tutt’altro che semplice da realizzare. Senza accorgercene, siamo pensati dai nostri pensieri e prigionieri della nostra mente.

Succede sempre, anche se ascoltiamo un discorso interessante, coinvolgente, condivisibile che, non siamo presenti.

Ci distraiamo e pensiamo: a volte ad esempi che concordano con i discorsi che sentiamo, oppure situazioni che ci sono successe in passato.

Oppure, semplicemente, pensiamo cosa dover dire, a nostra volta, appena il nostro interlocutore dovrà fermarsi, anche solo un istante, almeno per respirare.

Il risultato è che, sovente, ci parliamo addosso. Non stiamo comunicando! Non mettiamo insieme il nostro ingrediente assieme a quello di colui che ci sta parlando.

Quindi dopo, non siamo più ricchi di prima, come, normalmente, dovrebbe accadere al termine di uno scambio comunicativo.

In più, non avendo ascoltato, non siamo in grado di interpretare ciò che ci è stato detto e rischiamo di fornire o che ci venga fornito, un feedback errato. Nel linguaggio della comunicazione questo fenomeno è chiamato: decodifica aberrante.

Vi è mai capitato di trovarvi, ad un certo punto, nel bel mezzo di una conversazione, a parlare animatamente intorno ad una questione, senza nemmeno ricordare il punto in cui la discussione ha preso una piega diversa? Se la risposta è affermativa, come immagino, vi siete domandati il perché?

La risposta è semplice: abbiamo trascurato, clamorosamente, chi ci stava di fronte, al punto da non aver ascoltato, quindi compreso, il suo punto di vista su un dato argomento.

Abbiamo dato per scontato di aver compreso una certa cosa, senza aver posto domande specifiche per averne la conferma. Il nostro interlocutore farà la stessa cosa ed ecco che il minestrone è bell’e pronto.

Anche la volontà di restare fedeli a linee di comportamento che, in passato, hanno avuto esiti positivi, rientra in questa “logica” e si riscontra in modo frequente in molti campi e da molte persone (ne sono un chiaro esempio gli atteggiamenti definiti ‘nevrotici’).

Spesso, per evitare discussioni, in presenza di evidenti problemi comunicativi, si tende a semplificare dando per scontate certe cose, oppure a negarne delle altre, per timore di offendere coloro che ci sono difronte.

La conseguenza peggiore delle semplificazioni e delle negazioni sono causate dal fatto che, i problemi umani, e in particolare quelli di relazione, tendono ad aumentare, se non vengono risolti.

Quando un problema, solitamente quelli che riguardano gli aspetti della relazione, non viene affrontato, si crea un non detto, una parte viene rinnegata e va a costituire la parte in ombra.

Che, quando può, crea le occasioni per manifestarsi: accade, paradossalmente, che una persona cade vittima delle cose che rifiuta e, più le rifiuta, più da forza a queste energie che, di nascosto, sabotano le azioni, creando problemi sempre maggiori.

Per ascolto attivo si intende la capacità di saper comprendere pienamente ciò che il nostro interlocutore vuole realmente comunicarci, compiendo uno sforzo intenzionale per poter comprendere il punto di vista altrui.

Perché attivo? Perché per ascoltare ci si deve impegnare, a volte il doppio rispetto colui che parla. Chi ascolta, al contrario di quanto si crede, è tutt’altro che passivo nello scambio comunicativo!

“La ragione per cui abbiamo due orecchie ed una sola bocca è che dobbiamo ascoltare di più, parlare di meno.” Zenone, filosofo greco

Come ti senti quando parli di un tuo problema con qualcuno e vieni subito interrotto perché, secondo il tuo interlocutore, ha già la soluzione pronta?

Magari può trattarsi del tuo capo che ti critica senza neanche aver capito il problema che stavi tentando di spiegargli. O il partner che sminuisce alcune difficoltà che hai avuto durante la giornata dicendoti cosa avresti dovuto o potuto fare, quando in realtà avevi solo bisogno di sfogarti.

Sostanzialmente, il messaggio che viene percepito in mancanza di un vero ascolto attivo è: non mi interessa ed ho poco tempo’ oppure ‘io (dei tuoi problemi) ne so più di te e quindi faresti meglio ad ascoltarmi!’

Imparare ad ascoltare attivamente ti permette di comprendere il punto di vista degli altri. Di conseguenza, migliorerai le tue relazioni e imparerai a entrare in empatia con gli altri.

Riuscirai ad assumere la prospettiva degli altri e a comprendere le motivazioni e le emozioni alla base del loro comportamento. Questa è una competenza che ti tornerà estremamente utile per imparare a gestire meglio i team di lavoro, diventare più efficace a trattare con i collaboratori, superiori o clienti. Ma anche migliorare la relazione all’interno di un rapporto di coppia.

Alla fine arriva il momento in cui puoi iniziare a riflettere chi parla. Questo è il vero nucleo dell”ascolto attivo di Gordon che viene, infatti, anche detto ascolto riflessivo. Lo scopo è restituire quello che ti viene detto ma con parole diverse.

Questo ti permette di verificare se hai veramente capito quello che ti viene detto. La persona che rifletti si sentirà ascoltata e compresa e così getterai le basi per un rapporto aperto, onesto e collaborativo.

L’ascolto riflessivo è empatico. Prevede di dichiarare l’idea che ci siamo fatti di come si senta l’altro, lasciandogli lo spazio di correggerci. I casi sono due: o indovini come si sente oppure vieni corretto e in questo modo impari a comprendere meglio quella persona.

Molte volte il messaggio verbale è meno importante dell’emozione con cui è accompagnato. Quello che la maggior parte delle persone fa, però, è rispondere solo alla parte verbale. Se vuoi comunicare efficacemente prova a rispondere alle emozioni che accompagnano le parole.

Esempio 1:un collaboratore dice al suo capo di aver terminato un lavoro…
– «Sono finalmente riuscito a finire quel lavoro…»
– «Finalmente! Adesso occupati di questo che è diventato urgente!»

Esempio 2:un collaboratore dice al suo capo di aver terminato un lavoro…
– «Sono finalmente riuscito a finire quel lavoro…»
– «L’hai trovato pesante?»

– «Sì non me lo aspettavo ma mi ha messo in difficoltà»
– «Immagino tu abbia poca voglia di riprendere con un altro lavoro. Purtroppo abbiamo dei ritmi duri ultimamente. Spero che le cose possano cambiare nel breve. Se te la senti vorrei che ti occupassi di questo altro compito, posso contare su di te?».

In quale dei due esempi il collaboratore si sentirà maggiormente compreso e incoraggiato?

L’uso dell’incoraggiamento è una tecnica semplice ma efficace che ha lo scopo di fornire elementi di stimolo alla comunicazione che spingono ad andare avanti e comunicano interesse all’ascolto.

Possono essere comunicazioni non verbali o semplici esclamazioni/suoni. Ad esempio ‘ah’, ‘mh-mh’, un cenno in avanti col capo, annuire, etc.

Esempio:
– «Sì non ero proprio convinto… poi mi hai fatto notare un paio di cose che non mi convincevano del tutto»
– «Mh-mh
»(cenno col capo)
– «Sì insomma c’erano questi problemi che, secondo me, avrebbero potuto crearci delle grane…»

Consiste semplicemente nel ripetere le ultime frasi dette dall’altro. Può sembrare strano ma funziona. Ovviamente devi mantenere un atteggiamento serio. Questa tecnica funziona molto bene per incoraggiare una persona a procedere nel suo racconto.

Esempio: 
– «No alla fine non sono più stato dietro a quel discorso, sai com’è… ne ho parlato con Marta e poi ho lasciato perdere…»
– «Hai lasciato perdere…»
– «Sì non ero convintissimo… poi mi ha fatto notare un paio di cose che non mi convincevano…»
– «Hai notato alcune cose che non ti convincevano?»
– «Si, ecco, in realtà non convincevano lei… io sarei andato avanti!»

– «Sì, mi ha detto che secondo lei mancavano i requisiti minimi di sicurezza»

Immagina la ripetizione come una torcia: la punti dove vuoi vedere di più!

Riflettere è una capacità fantastica che se padroneggi bene ti permette di comprendere le persone e di sviluppare relazioni basate sull’empatia.

Per riflettere devi esplicitare a parole come pensi si senta l’altra persona. Fallo con tono affermativo e non interrogativo («sei frustrato» e non «sei frustrato?»). Questo può sembrare strano ma favorisce molto sia la conversazione che la relazione.

Se mantieni un tono calmo e ti concentri sull’altro, se cogli come si sente si sentirà compreso e continuerà con altri dettagli altrimenti sarà lui a correggerti. Ovviamente non devi dirlo con un tono aggressivo oppure esclamando come se ne fossi certo (‘sei frustrato!‘).

Esempio:
– «Ecco in realtà non convincevano lei… io sarei andato avanti!» (con tono seccato)

«Ti infastidisce aver lasciato perdere»

Riassumere è utile per assicurarsi di aver capito bene e per fare il punto di quanto si è detto. Quando riassumi devi cercare di rimanere fedele a quello che ti viene detto. Usa le stesse parole usate dall’altra persona e rimani aderenti ai fatti.

Ogni volta che riassumi dai l’opportunità all’altra persona di confermare quello che dici e correggere eventuali inesattezze.

Esempio:
– «Quindi se ho capito bene tu stavi lavorando a un progetto. Lo hai mostrato a Marta che ti ha detto che non lo avrebbero approvato per mancanza dei requisiti di sicurezza e cosi hai lasciato perdere?»

Parafrasare è simile a riassumere, la differenza è che usi parole differenti. Prendersi la libertà di dire la stessa cosa parafrasando con parole diverse è utile per assicurarsi di aver capito bene al punto da poter dire le cose in maniera differente.

Usare sempre le stesse parole è utile se parli di fatti e comportamenti. Se vuoi fare luce su cosa è successo e ragionare su ciò che è oggettivo.

Se vuoi veramente comprendere una persona, quando parla di pensieri, sentimenti e desideri è meglio parafrasare. In queste circostanze le persone spesso parlano usando un lessico molto soggettivo. Quindi se io uso alcune parole – a volte anche con metafore e similitudini – sto comunicando la mia esperienza soggettiva.

Se ripetiamo queste stesse parole, ci possono rispondere «sì esatto intendevo proprio quello» ma magari non è detto che abbiamo colto cosa significhi veramente «mi sento proprio in difetto»per quella persona.Se chiediamo a dieci persone di definire mi sento proprio in difetto ottengo dieci risposte diverse.

Ogni volta che parafrasi dai l’opportunità all’altra persona di confermare cosa hai capito correttamente e cosa invece no.

Esempio:
– «Non so non mi sento più tanto di fare questa cosa. Non è più come prima, mi pare siano passati degli anni! All’epoca non era perfetto ma andavamo proprio bene. Eravamo una squadra, adesso invece… poi a lavorare con Luca… beh sai com’è no? Ecco non so avrei bisogno di qualcosa di stimolante, di diverso…».
– «Se ho capito quello che stai dicendo pensi che le cose siano cambiate in peggio. Ti sembra di essere finita a lavorare da sola (opposto di squadra) e preferiresti lavorare con altre persone su altri progetti?».

Le tre più grandi barriere all’ascolto attivo che possono rendere più difficile la comprensione degli altri sono:

  • Distrazione
  • Interpretazioni
  • Valori personali

DISTRAZIONE:

Ci distraiamo quando non siamo concentrati sull’altra persona e su ciò che dice. Può succedere perché stiamo prestando attenzione ad altre cose o siamo in un ambiente che ci distrae o perché continui a pensare a cosa dire dopo.

INTERPRETAZIONE:

Le interpretazioni sono un grande problema. Noi tendiamo a interpretare tutto, in maniera automatica e senza rendercene conto.

Spesso quindi non reagiamo a ciò che una persona fa o dice. Ma piuttosto all’interpretazione che noi ne diamo. Un esempio classico è pensare che una persona sia arrabbiata con noi oppure che non ci consideri. Mentre magari la abbiamo incontrata in una giornata no, sta attraversando un periodo di stress oppure è fatta così e si comporta in questo modo con tutti.

Se penso una cosa non la do per scontata ma cerco elementi che mi diano torto. Questo perché solitamente il nostro cervello è molto bravo a cercare conferme delle sue interpretazioni. Questo si chiama bias di conferma.Ovvero un meccanismo della mente umana di farsi un’idea e poi interpretare ogni cosa perché sia coerente a quell’idea.

VALORI PERSONALI:

Molto spesso i nostri valori diventano qualcosa in grado di farci giudicare gli altri. Di motivarci a cercare di cambiare le idee degli altri e il loro comportamento. Se sei convinto fermamente di qualcosa potresti sentirti giustificato o anche in dovere di difendere e promuovere queste idee.

Questo può portarci a negare il diritto degli altri ad avere un punto di vista differente. Che si tratti di politica, religione, ecologia o anche della famiglia e del lavoro. Quando incontri persone che hanno dei valori diversi dai tuoi stai attendo a non considerarle persone che non rispettano i tuoi valori. Forse ne seguono semplicemente di differenti.

Cerca di coltivare un atteggiamento aperto e non giudicante nei confronti di chi la pensa diversamente da te. Dopotutto è un’ottima occasione per provare a mettere in pratica l’ascolto attivo.

QUALI SONO LE TUE DIFFICOLTÀ AD ASCOLTARE?

Prova a riflette un attimo sulle seguenti domande:

  • Quali sono le tue difficoltà nell’ascoltare gli altri?
  • Quali sono le caratteristiche dell’altro che ti facilitano l’ascolto?
  • Quali sono le caratteristiche dell’altro che ostacolano il tuo ascolto?

RICONOSCERE LE EMOZIONI DEGLI ALTRI

La prossima volta che parli con qualcuno prova a porti queste domande:

  • Quali emozioni ha mostrato l’altro/a?
  • Da quali indizi l’ho capito?
  • In che modo ho reagito alle sue parole? In che modo ho reagito alle sue emozioni?

ASSUNZIONE DI PROSPETTIVA

La prossima volta che parli con qualcuno prova a comprendere la sua visione del problema che ti racconta:

  • Osserva e cerca di frenare la tendenza a dare consigli e soluzioni.
  • Osserva e cerca di frenare la tendenza a correggere e a discutere per avere ragione.
  • Parti dal presupposto che – dato ciò che pensa – la sua reazione è giustificata.

Prova a chiederti che emozioni prova e cosa le spiega:

  • Che cosa ha paura che accada?
  • Che aspettative aveva?
  • C’è qualcosa a cui teneva che non si è realizzato oppure è capitato qualcosa di negativo e inaspettato?
  • Cosa si aspetta dalle persone di cui parla?